Quando, in una vendita internazionale, la resa INCOTERMS EXWORK (franco fabbrica) non è una buona idea

 Quando, in una vendita internazionale, la resa INCOTERMS EXWORK (franco fabbrica) non è una buona idea

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[dropcap]G[/dropcap]li imprenditori italiani che iniziano ad esportare (ed anche, a volte, pmi che sembrano, ormai, ben consolidate nell’export) molto spesso mi rispondono: io vendo EX WORK, poi tutti i problemi sono a carico del cliente. Ma la realtà non è questa.

A livello di vendita INTRACOMUNITARIA non sussistono grandi problematiche; occorre semplicemente accertarsi che l’acquirente sia effettivamente iscritto ad INTRASTAT (partita IVA Comunitaria) e poi operare in base alla modalità di pagamento concordata per la fornitura. O il cliente ha già pagato o è un cliente abituale al quale concedo una dilazione sul pagamento. In altri casi la resa EXWORK diventa un rischio. Inutile concordare un pagamento C.A.D. (Cash against documents) inviando i documenti tramite banche internazionali quando la merce è già in possesso dell’Acquirente… come è pericoloso accettare un assegno (posto che sia possibile in base a valore della fornitura).

A livello di vendita extra UE le problematiche aumentano. Nel caso di pagamento anticipato l’unica problematica è la possibile difficoltà di entrare in possesso dei documenti doganali che comprovino l’uscita dal territorio UE (quindi possibile sanzione in caso di controllo in Azienda della Agenzia delle Dogane). Ma la cosa si fa seria in vendite ove il pagamento previsto è tramite credito documentario (C.A.D. o Lettera di credito). Solitamente in questi casi l’utilizzo dei documenti avviene in base a certi parametri e richieste specifiche risultanti nella documentazione. Quindi, il potere contrattuale del Venditore è minimo se il trasporto e le procedure amministrative vengono gestite da un soggetto con il quale nulla abbiamo a che fare… pagato, tra l’altro dal cliente. In questo caso, molto spesso, i documenti presentano delle discordanze da quanto a noi necessario per “negoziare” i documenti, determinando così “delle riserve” sulla possibilità immediata del pagamento. È quindi opportuno, in questi casi, vendere compreso il trasporto sino a destino o sino a posto convenuto (es. C.I.F. – DDP). In questo caso tutte le operazioni amministrative necessarie ad avere una documentazione idonea sono effettuate da un forwarder di fiducia che dovrà, pena il fatto che “possa essere cambiato in futuro”, eseguire il tutto come da noi richiesto.

Esiste infine una terza problematica; quella inerente le vendite in triangolazione. (in questo caso escludiamo l’argomento pagamenti per non diventare troppo prolissi). Nel caso di vendita ad un cliente di un Paese Comunitario che a sua volta rivenderà in un Paese Extra UE è normale la richiesta che l’aspetto IVA non sia considerato tramite i parametri INTRASTAT ma che venga emessa una fattura in esenzione IVA per uscita dalla Comunità. E qui possono sorgere non problemi ma disastri… Infatti la normativa IVA italiana richiede (altrimenti si viene sanzionati e ci viene richiesto, inoltre, il pagamento del 22% della tassa) che in caso di triangolazione il venditore sia “sicuro” che la merce arrivi al destinatario finale (escludendo con ciò la resa EXWORK). È possibile, ovviamente,  che per molteplici motivi non sia obbligatorio che il nostro Cliente voglia farci sapere chi sia il destinatario finale; oppure più semplicemente la nostra merce viene trasportata unitamente a merce di altri fornitori in un’unica spedizione da parte dell’intermediario comunitario.  In questo caso la risposta dell’Ufficio IVA italiana è semplice e non sempre attuabile offrendo 2 possibilità: a) vendere tramite INTRASTAT (sarà un problema dell’intermediario comunitario risolversi i propri problemi di IVA nazionale; b) considerare la nostra vendita come se fosse una vendita nazionale addebitando l’IVA 22% (e anche in questo caso sarà poi un problema dell’intermediario comunitario risolversi i propri problemi per il recupero). Stortura evidente (difficile da spiegare ad un tedesco o ad un inglese…); ma siccome noi siamo italiani una soluzione la troviamo malgrado la nostra Amministrazione pubblica! In questo caso la resa corretta INCOTERMS potrà essere: CPT luogo convenuto (e il luogo convenuto sarà la dogana più vicina del nostro forwarder di fiducia dove dovrà avvenire da parte dell’intermediario con la sua e nostra fattura l’operazione di esportazione).
PS: resa Incoterms FCA, che è abbastanza similare al CPT, non è accettata dall’Amministrazione pubblica italiana come soluzione.

Danilo Galmozzi
http://consulenzaexport.altervista.org/

1 Comment

  • Molti e sinceri complimenti, Incoterms Exwork analizzato veramente in ogni dettaglio.
    Sicuramente interessantissimo per tutti ed in particolare per le PMI.

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