Rendicontazione di Sostenibilità 2024: la Survey di KPMG sul primo anno di applicazione della CSRD in Italia

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A poco più di un anno dall’entrata in vigore della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)KPMG ha condotto una survey sulle prime rendicontazioni di sostenibilità pubblicate in Italia secondo gli standard ESRS (European Sustainability Reporting Standard). Lo studio ha preso in considerazione un campione di 100 società italiane, di cui 91 quotate e 38 appartenenti al FTSE MIB, operanti nei settori dei beni di consumo, dell’industria, della finanza e dell’energy e utilities.

L’indagine offre una panoramica delle principali tendenze in materia di reporting di sostenibilità, approfondendo diversi ambiti, tra cui l’analisi di doppia rilevanza, i piani di sostenibilità e i piani di transizione. I risultati hanno permesso di evidenziare le sfide che le imprese dovranno affrontare nei prossimi anni per raggiungere una piena integrazione delle politiche di sostenibilità nelle strategie di business, coniugando anche le esigenze di compliance normativa con un’efficacia di comunicazione agli stakeholder.

Tra i principali elementi di novità rispetto al passato, si rileva una crescente attenzione alla catena del valore: tutte le società analizzate, infatti, hanno identificato almeno un impatto, rischio o opportunità (IRO) riconducibile alle fasi a monte e/o a valle delle proprie attività. Il passo successivo che dovranno compiere le imprese sarà quello di strutturarsi per permettere la rilevazione e il monitoraggio delle performance ESG lungo le filiere.

In merito all’analisi di doppia rilevanza, si rileva una marcata eterogeneità dovuta a differenti livelli di granularità adottati nella definizione degli aspetti da sottoporre a valutazione, che ha portato a risultati discordanti in termini di numero di IRO rilevanti: da un minimo di 14 a un massimo di 122. Tuttavia, la totalità delle società analizzate riconosce come rilevanti i temi legati al cambiamento climatico, alla gestione della propria forza lavoro e alla condotta aziendale.

Soffermandosi sugli IRO rilevanti identificati, dall’analisi emerge che oltre la metà riguardano impatti, dei quali circa il 56% è di natura negativa, mentre i restanti, prevalentemente di carattere sociale, risultano essere positivi. Per la maggior parte dei casi l’analisi dei rischi ESG risulta essere stata integrata nei modelli aziendali di gestione del rischio, a differenza delle opportunità che risultano ancora non sufficientemente valorizzate nei processi di pianificazione strategica.

Con riferimento ai piani di sostenibilità, sebbene 80 società dichiarino di esserne provviste, solo il 37% ne evidenzia la piena integrazione con il piano industriale. Inoltre, in relazione ai target ESG, è ancora elevata la quota di società che non ha definito obiettivi di miglioramento su almeno un tema rilevante, ponendo l’accento sulla necessità di maggiore sinergia tra il processo di pianificazione e quello di rendicontazione di sostenibilità.

In quest’ottica, l’inclusione di target ESG nei sistemi di incentivazione rimane una leva fondamentale per assicurare il pieno coinvolgimento del vertice aziendale. Dall’analisi emerge che quasi la totalità delle imprese prevede il raggiungimento di obiettivi ESG nella retribuzione variabile del top management, in particolare in relazione a target di riduzione delle emissioni di GHG e di promozione della parità di genere, tematiche trasversali alle imprese di tutti i settori analizzati.

Sul fronte della decarbonizzazione, i risultati del primo anno di rendicontazione dei piani di transizione secondo le previsioni dagli ESRS mostrano livelli di maturità differenti: solo 52 società hanno dichiarato un impegno formale verso il raggiungimento del Net Zero e, tra queste, solamente il 44% presenta un target Net Zero validato da SBTi (Science Based Target initiative).

In tale contesto, la sfida per le imprese è oggi duplice: da un lato, evitare una visione di breve termine che rischia di rallentare i progressi compiuti; dall’altro, continuare a investire nella sostenibilità, integrandola nelle strategie di pianificazione, reporting e controllo e promuovendo, al contempo, processi digitali e trasformativi, che vadano oltre la sola compliance normativa.

“I risultati della nostra survey confermano che il cambiamento è in atto, ma evidenziano anche la necessità di un impegno ancora più deciso per trasformare la rendicontazione in un percorso strategico, pienamente integrato con le politiche di business – commenta Lorenzo Solimene, Partner KPMGUn eventuale passo indietro da parte delle aziende rischierebbe di compromettere la loro credibilità agli occhi del mercato e degli stakeholder, dando l’impressione che gli impegni ESG dichiarati in passato fossero solo operazioni di ‘green washing’. Il coraggio di proseguire su questa strada, anche in un contesto globale meno favorevole, è oggi un indicatore chiave di coerenza manageriale, reputazione e leadership”.

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