Ricerca commissionata dall’estero esclusa dal nuovo credito d’imposta R&S

 Ricerca commissionata dall’estero esclusa dal nuovo credito d’imposta R&S

Le spese sostenute per attività di ricerca e sviluppo svolte dai commissionari residenti in Italia, sulla base di contratti di commessa con soggetti esteri, devono considerarsi escluse dall’ambito di applicazione del credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 187 del 17 marzo 2021. La legge di Bilancio 2020 ha sostituito la normativa precedente, ma non ha previsto alcuna disposizione che regoli le attività di ricerca svolte dal commissionario residente per conto di committenti non residenti.

L’Agenzia delle entrate torna a pronunciarsi in materia di attività di R&S commissionata da impresa estera ad impresa residente in Italia (o ad una stabile organizzazione in Italia di impresa non residente) con la risposta a interpello n. 187 del 17 marzo 2021 di fatto fornendo chiarimenti sul credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative.

L’inclusione, fra gli investimenti ammissibili al credito R&S, delle spese sostenute in relazione ad attività di R&S effettuata per conto di imprese committenti estere decorre dal periodo d’imposta successivo al 31.12.2016.

Si tratta infatti di un’estensione dell’ambito applicativo soggettivo della disciplina agevolativa introdotto dalla L. 232/2016 (c.d. Legge di Bilancio 2017), con l’aggiunta del comma 1-bis all’articolo 3 D.L. 145/2013, convertito, con modificazioni, dalla L. 9/2014, al caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in:

  • altri Stati membri dell’Unione Europea,
  • negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio Economico Europeo,
  • in Stati compresi nell’elenco di cui al M. 04.09.1996.

Prima dell’entrata in vigore della modifica normativa, fino quindi al 2016, le spese di R&S sostenute da imprese residenti in Italia in esecuzione di contratti di ricerca stipulati con imprese non residenti e prive di stabile organizzazione in Italia non erano ammissibili ai fini della determinazione del credito d’imposta e parimenti non rilevavano ai fini del calcolo della media storica.

A seguito della modifica normativa, come chiarito sia al paragrafo 1.6, sia al paragrafo 2.2 della circolare Ade 13/E/2017, il soggetto commissionario residente che esegue attività di R&S per conto di committenti esteri viene ora equiparato, ai fini dell’agevolazione, al soggetto residente che effettua investimenti in proprio: nella determinazione del credito di imposta trovano dunque applicazione le medesime regole valide per le imprese residenti che effettuano investimenti in R&S.

La legge di Bilancio 2020, per gli investimenti realizzati dal 1° gennaio 2020, ha riconosciuto un credito d’imposta sugli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative, secondo le condizioni e le misure di cui ai commi da 199 a 206, senza reiterare la disposizione recante la disciplina per le attività di ricerca svolte dal commissionario residente per conto di committenti non residenti.

L’Agenzia delle Entrate, interpellata, si è pronunciata lo scorso 17 marzo sul caso dei costi sostenuti da una Srl per le attività, commissionate dalla casa madre francese, direttamente svolte sul territorio italiano con proprio team e connesse alla sperimentazione, studio e sviluppo di nuove soluzioni nel settore R&S, ri-addebitati alla stessa casa madre francese che ne diventa comproprietaria in termini di proprietà intellettuale, secondo gli accordi del gruppo. Tali costi, secondo l’Agenzia delle Entrate, non possono beneficiare del credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, transizione ecologica, innovazione tecnologica 4.0 e altre attività innovative.

La Legge di Bilancio 2020, infatti, sostiene l’Agenzia delle Entrate, ha sostituito la normativa precedente ma non ha previsto alcuna disposizione che regoli le attività di ricerca svolte dal commissionario residente per conto di committenti non residenti.

Ne consegue che a partire dal 1° gennaio 2020, alla luce della nuova formulazione del beneficio, devono considerarsi escluse dall’ambito di applicazione della misura le spese sostenute per attività di ricerca svolte dai commissionari residenti in Italia, sulla base di contratti con soggetti esteri.

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