Ripresa a velocità variabile, guerra e inflazione limitano la crescita del commercio internazionale nel 2022 (+2,1%), nel 2023 scambi più vitali (4%) salute, green e digitale a guidare la crescita nei prossimi anni

 Ripresa a velocità variabile, guerra e inflazione limitano la crescita del commercio internazionale nel 2022 (+2,1%), nel 2023 scambi più vitali (4%) salute, green e digitale a guidare la crescita nei prossimi anni

Nel 2022 la crescita del commercio mondiale a prezzi costanti è prevista al 2,1%, inferiore al 5.6% previsto nello scenario precedente l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

È quanto emerge dal XIX Rapporto: Evoluzione del commercio con l’estero per aree e settori realizzato da ICE Agenzia in collaborazione con Prometeia. Il rapporto era stato predisposto per la presentazione e poi sospeso il 24 febbraio scorso alla luce delle incertezze del quadro mondiale. Uno studio aggiornato è messo da oggi a disposizione degli operatori sul sito dell’ICE (www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-prometeia).

La produzione e il commercio internazionali – si legge nel rapporto – hanno pienamente recuperato nel 2021 e i flussi del commercio internazionale hanno superato i livelli pre-Covid, per quanto l’impatto della pandemia e la successiva ripresa siano stati diversi tra settori e paesi, con l’Italia tra i Paesi più performanti. Il 2022 ha poi posto una nuova sfida per l’economia globale, un conflitto che mette a repentaglio prima di tutto vite umane, ma anche crescita ed equilibri geopolitici di medio termine. A questo è attribuibile il rallentamento delle stime di crescita in volume delle importazioni nel mondo.

Le prospettive misurate, invece, a prezzi correnti stimano in euro per l’anno in corso una crescita degli scambi di oltre 15 punti, collegato al forte aumento dei prezzi delle materie prime avviatosi nel corso del 2021 e ulteriormente aggravato dal conflitto in corso. È un ulteriore punto di attenzione dello scenario per l’impatto negativo su inflazione e fluidità delle filiere produttive. Un trend, quello della crescita dell’inflazione mondiale, che è previsto restare alla base dello scenario per tutto il biennio di previsione.

Anche per questa pressione dal lato dei prezzi dei fattori e del costo del capitale, che sacrificano i piani di investimenti delle imprese, il quadro di previsione rimane orientato alla prudenza anche per il 2023. Il Rapporto stima per il prossimo anno un tasso di crescita degli scambi a prezzi costanti al 4% a livello globale, continuando a penalizzare le aree e i settori strutturalmente più esposti verso l’economia russa.

I prossimi anni potrebbero perciò essere importanti per una ridefinizione delle dinamiche di internazionalizzazione delle imprese più colpite, il cui andamento sarà guidato da fattori economici e geografici. Nuovi equilibri negli scambi internazionali, con filiere più corte, o caratterizzate da specifiche affinità, potranno delinearsi rafforzando il sistema produttivo nazionale.

Per quanto riguarda i mercati, il tasso d’incremento più sostenuto nel 2022 si avrà negli emergenti asiatici, le cui importazioni sono stimate in crescita del 6%. Le attese sono relativamente positive anche per i paesi MENA e per quelli dell’Africa meridionale, le cui importazioni cresceranno nell’anno in corso rispettivamente del 4,2 e del 3,8% per poi accelerare ulteriormente nell’anno successivo. Tassi d’incremento intorno al 4% sono stimati anche per l’area Nord America, Oceania, Israele (+3,7%) e per l’America latina (+4,1%). Sarà infatti meno impattata dallo shock energetico la domanda di import del Nord America, potendo contare su una maggior resilienza grazie all’indipendenza energetica raggiunta nell’ultimo decennio. Tra le altre aree, quelle dell’euro e degli altri europei, stabile la prima e in leggera crescita la seconda, sono relativamente le più penalizzate per via dell’impatto dello shock energetico sul potere d’acquisto di imprese e consumatori e della maggior esposizione diretta ai paesi in confitto. La contrazione più ampia è relativa ai paesi Emergenti europei, che includono il mercato russo (previsto in riduzione del -22,7%) e quello ucraino (per cui la stima dell’involontaria caduta della domanda è del -27,0%). Il contributo più importante alla crescita delle importazioni mondiali continuerà in ogni caso a provenire da Stati Uniti e Cina, la domanda addizionale dei quali peserà per circa il 30% dell’incremento totale.

La sfida per le imprese italiane

Con un tasso di crescita reale del commercio internazionale che resta positivo, per gli esportatori italiani il 2022 si prospetta dunque un anno di ulteriore sviluppo sui mercati esteri, per quanto in un quadro di cambiamenti dovuti a fattori esogeni al mercato, ma anche un’opportunità per riorientare parte dei flussi, diversificare i mercati di sbocco e innovare l’offerta, tenendo conto delle grandi sfide che guideranno la crescita nei prossimi anni: salute, green e digitale.

La sfida per ciascuna impresa sarà quella di trovare le aree più compatibili al proprio modello, a partire verosimilmente da quelle più vicine, perché più accessibili e meno interessate da tensioni. Ritorna uno scenario più volte evocato nelle diverse fasi della globalizzazione, quello di un commercio internazionale, comunque, intenso perché ormai imprescindibile per l’interconnessione dei vari sistemi produttivi nazionali, ma allo stesso tempo organizzato lungo filiere più corte e selettive; uno scenario di blocchi regionali organizzati anche in funzione di alleanze politiche e affinità culturali tra i partner. I nuovi equilibri geopolitici nei rapporti di scambio possono rappresentare oggi il banco di prova delle imprese per mettere a terra su mercati più congeniali e stabili la loro offerta di innovazione collegata alle mega-transizioni in corso.

“Non potevamo non aspettarci un rallentamento delle previsioni, tuttavia continuiamo a guardare con ottimismo il bicchiere mezzo pieno perché dai dati arrivano anche alcuni segnali incoraggianti: la prospettiva di una crescita del commercio mondiale a prezzi costanti ancora positiva e la forza dei risultati dell’export italiano in questi anni, altrettanto complessi” – afferma Carlo Ferro, Presidente di ICE Agenzia. “Le imprese italiane sono da sempre tra le più dinamiche nei settori chiave della ripresa: transizione digitale, energie rinnovabili e innovazione sostenibile. Davanti a uno scenario di crescita limitata e a un’accessibilità di alcuni mercati condizionata da fattori esogeni, offrire e promuovere prodotti di eccellenza è la soluzione di mercato e le imprenditrici e gli imprenditori italiani hanno in questo un grande punto di forza perché sanno fare prodotti eccellenti e adattarne l’offerta alle circostanze. Il Sistema Paese è al loro fianco e noi di ICE da tempo abbiamo rafforzato la nostra azione per favorire il riposizionamento geografico delle nostre imprese verso i nuovi trend di mercato tracciati dal Rapporto ICE-Prometeia. Facciamo di più e lo facciamo in modo nuovo, rapido e flessibile, attraverso 19 nuove azioni per promuovere, con reazione e visione, il made in Italy nel mondo.”

“Le politiche d’internazionalizzazione delle imprese diventano a tutto tondo: puntano come ovvio alle opportunità sul fronte dell’export, ma allargano lo sguardo anche al lato dell’offerta” – commenta Alessandra Lanza, Senior Partner di Prometeia. “La sicurezza degli approvvigionamenti di input strategici, intesa come loro disponibilità effettiva, copertura finanziaria dagli shock di prezzo e tempi certi di consegna, diventa nel nuovo scenario una condizione per la competitività dell’industria nazionale”. 

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