Ristorazione, settore devastato dalle misure restrittive: incassi giù del 36% tra giugno e ottobre e prospettive ancora negative nei prossimi mesi

 Ristorazione, settore devastato dalle misure restrittive: incassi giù del 36% tra giugno e ottobre e prospettive ancora negative nei prossimi mesi

Per il 26% delle imprese della ristorazione, il periodo giugno-ottobre si è concluso con un crollo dei fatturati ben superiore al 50% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Poco consola sapere che le performance positive registrate durante l’estate, in particolare nelle località di mare, abbiano contribuito a diluire il dato medio, stabilizzandolo a un -35,9% dei fatturati. Ciò che conta sono le prospettive per il futuro e in questo momento i ristoratori vedono nero. Molto nero.

Secondo l’ultimo report dell’Istat ripreso dall’Ufficio studi di Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, infatti, i mesi invernali vedranno un’ulteriore contrazione dei volumi d’affari, con il 34,1% delle imprese che si aspettano fatturati più che dimezzati nel periodo dicembre-febbraio e soprattutto con un imprenditore su 10 che ha già previsto un azzeramento totale degli incassi.

Un disastro annunciato, determinato dal clima di sfiducia che si è venuto a consolidare durante l’autunno quando solamente il 15,1% delle imprese della ristorazione e dell’accoglienza ha potuto restare completamente aperto, lavorando a pieno regime pur in un contesto di generale debolezza dei consumi. La stragrande maggioranza ha invece dovuto fare i conti con una limitazione della propria attività, confinata spesso al solo asporto e ad un po’ di food delivery almeno per chi ha deciso di farlo.

Ma c’è di peggio. Secondo la fotografia scattata dall’Istat il 4% circa delle imprese della ristorazione che ha completamente chiuso i battenti durante l’autunno, non ha alcuna speranza di riaprire. Una percentuale anche 5 volte più alta rispetto ad altre categorie di imprese e professionisti. Un dato che ben fotografa chi è stato davvero a pagare più di altri la crisi da Covid-19.

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