Si accentuano le differenze territoriali tra Nord e Sud

Gli effetti di tale divergenza sono particolarmente evidenti sul fronte dei consumi: a parità di spesa media rispetto al 2007, è come se gli attuali valori complessivi di consumo nelle regioni del Sud e delle Isole riflettessero la “sparizione” di 708 mila nuclei famigliari. La stima risente sia del brusco peggioramento della spesa alimentare (oltre -5% tra 2007 e 2013 al Sud e Isole, contro un dato medio del -1.2% e variazioni addirittura positive al Nord), sia quello della spesa non alimentare (prossima al -10%, contro il -6% della media nazionale), che peraltro si posiziona su valori inferiori di oltre il 40% rispetto a quelli del Nord del Paese.
Tali fattori rischiano, in prospettiva, di compromettere la tenuta sociale e demografica delle regioni meridionali, oltre che le prospettive di ripresa della spesa delle famiglie.
Tornano a crescere i consumi interni nel 2014 (+1.2 miliardi, in termini reali)
Come anticipato nel Rapporto di Maggio, il 2014 vede finalmente interrotta la lunga fase di contrazione dei consumi interni. Con un miglioramento rispetto al 2013 di 1.2 miliardi di euro in termini reali (+0.1%), si tratta però solo di un’inversione di tendenza più che di una ripresa vera e propria (66.5 i miliardi persi tra 2007 e 2013).
Il miglioramento dei consumi ha beneficiato del ritorno alla crescita del reddito disponibile in termini reali, favorito soprattutto dalla decelerazione dell’inflazione, oltre che dagli impulsi fiscali. La politica di bilancio ha infatti fornito nell’anno in corso un sostegno alla formazione del potere di acquisto delle famiglie, attraverso gli sgravi sui redditi da lavoro dipendente più bassi (bonus Irpef), che hanno compensato gli effetti di altri provvedimenti, come l’aumento della tassazione sugli interessi, la revisione della tassazione sugli immobili e l’aumento dell’imposizione indiretta, attraverso anche l’innalzamento dell’imposta di bollo sul conto titoli e l’aumento delle accise.
La ripresa dei consumi è trainata dall’aumento degli acquisti di beni non alimentari, sostenuti dall’avvio di un nuovo ciclo dei durevoli. Il miglioramento dei redditi, seppure contenuto, unitamente alla presenza di fattori di sostegno specifici in alcuni mercati – quali le detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici nell’ambito delle ristrutturazioni edilizie, in vigore nel 2014 e prorogate a tutto il 2015 – sta sostenendo la domanda di sostituzione dei beni durevoli, sia per la mobilità sia per la casa, mercati fortemente deteriorati dalla crisi.
Sono tuttavia lontane dall’essere risolte molte delle criticità che hanno caratterizzato gli ultimi anni, prime fra tutte quelle legate al lavoro e la fiducia per il futuro. Ciò si traduce in consumi di beni alimentari e non durevoli ancora caratterizzati dal segno meno, a fronte di una leggera accelerazione della spesa per servizi.
Ripresa solo parziale nel prossimo biennio, con una probabile accentuazione dei processi di ristrutturazione delle imprese e dei comparti della distribuzione al dettaglio
Le deboli prospettive per l’occupazione e il previsto parziale riaccumulo del risparmio impediranno ai consumi di sperimentare una più marcata accelerazione nel biennio 2015-’16 (quasi +1.0% in media annua), con un recupero di quanto eroso durante la crisi solamente parziale (per complessivi 14 miliardi, in termini reali).
La dinamica sarà particolarmente modesta per i consumi alimentari (circa 0.5%, in media d’anno, in termini reali) a riflesso di abitudini di spesa profondamente mutate durante la crisi. Tra i consumi non alimentari (+1%, in media d’anno), le esigenze di sostituzione e la presenza di incentivi in alcuni comparti manterranno in accelerazione la componente dei durevoli, che beneficerà anche delle continue innovazioni e penetrazione del mercato dei device legati alla comunicazione. L’impatto positivo dell’Expo milanese nel 2015 sosterrà le spese legate al turismo e, tramite gli acquisti effettuati dai visitatori stranieri, potrà anche contribuire parzialmente alla ripresa dei consumi di beni del comparto moda. I trend demografici, infine, continueranno a sostenere le spese legate alla salute (stimate in crescita di quasi il 2% alla fine del 2016, in termini reali).
L’intensità della ripresa non sarà tuttavia sufficiente a risollevare le condizioni economico finanziarie medie delle imprese della distribuzione al dettaglio. La disponibilità di un ampio numero di bilanci relativi al 2013 ha infatti evidenziato, oltre al costante rallentamento del fatturato, condizioni di redditività e sostenibilità finanziaria assai critiche per moltissime imprese, in particolare nel segmento delle PMI e nel comparto dei beni durevoli.
Si prevede dunque che anche nel periodo 2014-’16 potranno proseguire i processi di ristrutturazione sia del settore del commercio al dettaglio nel suo complesso, sia della struttura organizzativa stessa delle singole imprese. Una trasformazione che avverrà anche sotto il crescente impatto dei nuovi canali di vendita on line e delle forme distributive che durante la crisi hanno maggiormente incontrato i favori dei consumatori (come i discount), con continue pressioni sui margini, dati volumi di domanda ancora lontani dai loro massimi, e un focus sempre più accentuato su gamme di assortimento, efficienza dei magazzini e rotazione dei prodotti.
Fig. 1 – reddito, consumi e inflazione (var.% medie annue) | Fig. 2 – i consumi per comparto nel 2016: indici 2007=100, prezzi costanti |
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Fonte: Rapporto di Previsione Prometeia – Ottobre 2014 | Fonte: Club Consumo Prometeia – Novembre 2014 |
Fig. 3 – disparità territoriali: reddito pro capite nel 2013 (migl. euro, pr. costanti) e var. % sul 2007 | Fig. 4 – redditività (Roi) delle imprese della distribuzione al dettaglio |
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Fonte: Club Consumo Prometeia – Novembre 2014 | Fonte: Club Consumo Prometeia – Novembre 2014 |
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