STUDI CONFARTIGIANATO – La reazione alla crisi energetica: per 47% piccole imprese riduzione margini di profitto, ma sale la solidità
La crisi energetica ha impattato in modo severo sulle imprese italiane, ma le strategie di reazione adottate hanno consentito di superare le difficoltà e di mantenere un sentiero di crescita nel primo semestre del 2023. Nonostante la stretta monetaria in corso le imprese italiane hanno manifestato una buona propensione ad investire e, in particolar modo le piccole, una robusta domanda di lavoro, soprattutto per quello stabile.
La crisi energetica, iniziata nel 2021 e amplificata dalle conseguenze dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ha generato un rilevante caro bollette: le stime di Confartigianato indicano che nel 2022 le micro e piccole imprese hanno subito rincari per elettricità e gas per 23,9 miliardi di euro, con un impatto sul 6,1% del valore aggiunto prodotto.
Una recente rilevazione dell’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia evidenzia che le difficoltà maggiormente riscontrate negli ultimi 12 mesi dalle imprese artigiane e di piccole dimensioni sono l’aumento dei prezzi delle materie prime (80,2%), l’alto prezzo di energia elettrica e gas (54,7%, che sale al 64,4% per le manifatturiere) e la mancanza di manodopera (29,1%).
Nella turbolenza energetica le imprese rimangono solide – L’analisi dei dati contenuti nel Rapporto sulla competitività dei settori produttivi dell’Istat delinea le modalità di reazione delle imprese all’ingente aumento dei costi dell’energia e delle altre commodities. Nonostante la pervasività dell’impatto dello shock energetico, il sistema imprenditoriale italiano ho mostrato un consolidamento della ripresa successiva alla pandemia. A fine 2022 la quota di imprese italiane che non intravedevano seri rischi operativi per la propria attività al primo semestre del 2023 è del 50,2% nella manifattura e del 58,9% nei servizi, a cui si aggiunge la quota di imprese che valutano l’attività “parzialmente solida”, rispettivamente del 36,3% e del 26,4%. La solidità del sistema imprenditoriale è in aumento rispetto ad un anno prima: a fine 2021 si dichiarava solido il 45,3% delle imprese manifatturiere e il 37,1% di quelle dei servizi, parzialmente solido rispettivamente il 38,6% e 39,8%.
Le strategie di reazione delle piccole imprese manifatturiere – La solidità del sistema delle imprese è stata accompagnata da strategie di reazione all’aumento dei prezzi di beni energetici e dei costi di approvvigionamento di prodotti intermedi. Vediamo nel dettaglio le opzioni adottate nel comparto manifatturiero, dove è più alta l’esposizione alla crisi energetica. Solo il 6,3% delle piccole imprese è stata costretta a ridurre o sospendere l’attività a seguito dei rincari delle materie prime energetiche e nel 2,9% a seguito dell’aumento dei costi dei beni intermedi. La sospensione dell’attività è stata più diffusa nelle imprese medie (8,8%) e grandi (8,7%).
La reazione più frequente è stata quello dell’aumento dei prezzi di vendita, meno diffusa tra le piccole imprese, attuata nel 57,7% dei casi per far fronte ai rincari dell’energia e nel 67,3% dei casi per assorbire i maggiori costi dei beni intermedi. Diffusa in poco meno della metà delle piccole imprese la riduzione dei margini di profitto (47,3% per costi energia e 46,6% per costi energetici).
Circa un quarto delle piccole imprese ha rinegoziato i contratti o cambiato il fornitore (22,2% per rincari energetici e 23,3% per costi beni intermedi). Un 13,2% delle piccole imprese ha indicato una maggiore efficienza energetica degli impianti e il 17,1% il consumo di elettricità autoprodotta, mentre per contrastare il caro commodities il 19,5% ha indicato la modifica dei volumi di beni intermedi acquistati. Grazie alle economie di scala sugli investimenti e al maggiore potere contrattuale, l’autoproduzione e l’efficienza energetica degli impianti sono più diffuse tra le imprese medio-grandi.
Dalla survey sulla MPI lombarde si conferma una diffusa riduzione dei margini, che ha interessato il 73,7% delle MPI e una apprezzabile propensione ad investire in tecnologie energy saving: il 13,5% delle micro e piccole imprese manifatturiere ha effettuato investimenti green nell’ultimo anno per far fronte al caro bollette e quelli maggiormente diffusi riguardano l’illuminazione a basso consumo energetico e la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
La reazione delle imprese dei servizi – L’analisi dei dati del report dell’Istat fornisce alcune evidenze anche per le imprese dei servizi, tra le quali vi è una minore diffusione dell’aumento dei prezzi di vendita, utilizzato dal 30,5% delle unità, con l’eccezione di quelle del turismo, per le quali la quota supera il 56%, mentre è diffusa la riduzione dei margini di profitto (46,5%), il risparmio energetico (42,5%), la rinegoziazione dei contratti di fornitura (37,9%) e la ricerca di autosufficienza energetica mediante l’elettricità autoprodotta (34,1%). Più marcata rispetto al manifatturiero la riduzione o sospensione di attività, rilevata nel 27,3% dei casi.
Reazione delle piccole imprese manifatturiere all’aumento dei prezzi energia e beni intermedi per classe di addetti
Dicembre 2022, % imprese – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
Reazione imprese manifatturiere all’aumento dei prezzi di beni energetici e dei beni intermedi per classe di addetti
dicembre 2022, % imprese – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat