Studi professionali, più spesa Ict per ripartire dopo il Covid: 1,569 miliardi nel 2020, +4,8%. Studi multidisciplinari i più competitivi, i legali i più fragili

 Studi professionali, più spesa Ict per ripartire dopo il Covid: 1,569 miliardi nel 2020, +4,8%. Studi multidisciplinari i più competitivi, i legali i più fragili

Le tecnologie digitali sono sempre più presenti nelle professioni giuridico-economiche. Nel 2019 la spesa ICT di avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro ha raggiunto un valore di 1,497 miliardi di euro, in crescita del 18% rispetto all’anno precedente, trainata soprattutto dagli obblighi della fattura elettronica e del registro dei corrispettivi telematici, ma anche dalla crescente diffusione della cultura digitale all’interno degli studi. Nonostante le difficoltà dell’emergenza Covid, le stime per il 2020 indicano un’ulteriore crescita degli investimenti digitali di almeno il 4,8%, con il 30% degli studi che prevede un incremento del budget ICT, e una spesa complessiva pari a 1,569 miliardi di euro. Gli avvocati sono i professionisti più presenti online, il 71% ha un sito web e il 60% almeno un canale social, seguiti da studi multidisciplinari (rispettivamente 63% e 57%), commercialisti (54% e 47%) e consulenti del lavoro (41% e 46%).

Gli studi stanno puntando sull’innovazione per superare le fragilità evidenziate dalla crisi e coglierne le opportunità, ma per migliorare la propria competitività sul mercato la propensione all’innovazione non basta, è necessario potenziare anche le competenze professionali e le abilità organizzative, le capacità di relazione con la clientela e di sviluppare collaborazione all’interno e all’esterno dello studio. Dall’analisi delle performance degli studi in tutti questi parametri, emerge come gli studi multidisciplinari risultino mediamente i più maturi e competitivi, seguiti dai commercialisti e dai consulenti del lavoro, mentre gli avvocati, pur esprimendo alcuni casi di eccellenza (soprattutto i grandi studi e i piccoli molto specializzati), appaiono i più fragili.

Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milanopresentata al convegno online “Professionisti, dalla fragilità alla resilienza verso l’antifragilità”che ha analizzato un campione di quasi 2.400 studi professionali multidisciplinari, legali, commercialisti e consulenti del lavoro, per esaminarne la competitività e la capacità di risposta all’emergenza.

“Il boom di investimenti in innovazione del 2019 ha aiutato molti studi a resistere e continuare a operare durante la crisi Covid-19, ma l’emergenza ne ha rivelato fragilità che le sole tecnologie non possono compensare – afferma Claudio Rorato, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale -. Per essere più competitivi e resilienti a nuove potenziali crisi e passare da una condizione di fragilità a una di “antifragilità” – che rende le organizzazioni capaci di trasformare le difficoltà in opportunità – gli studi devono riorganizzare i processi lavorativi per raggiungere una maggiore flessibilità ed efficienza interna, potenziare la capacità di leggere il mercato e capirne i bisogni per offrire nuovi servizi di valore e nuove modalità di relazione col cliente, stimolare e valorizzare la collaborazione fra colleghi e fra professionista e cliente”.

“Gli studi professionali hanno aumentato gli investimenti nel digitale più delle aziende (+18% contro +2,3%) e questa tendenza continuerà anche nel 2020 (+4,8% contro +0,9%), segno di una cultura digitale sempre più matura – afferma Federico Iannella, Ricercatore dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale -. Ora è tempo di mettere a frutto questo capitale d’innovazione per ripensare i modelli organizzativi in un’ottica di maggiore efficienza e resilienza”.

Gli investimenti ICT degli studi – Nel 2019 soltanto il 2% degli studi non ha stanziato risorse per le nuove tecnologie, un quarto,, ha speso mediamente oltre 10mila euro (+20% rispetto al 2018), il 42% una cifra compresa fra 3mila e 10mila euro, uno su cinque fra mille e 3mila euro e l’11% meno di mille euro. Gli studi multidisciplinari sono quelli che hanno investito di più, in media 22.800 euro, seguiti da commercialisti (11.500 euro), consulenti del lavoro (8.900 euro) e avvocati (6.700 euro). Nel 2020 soltanto il 10% diminuirà il budget ICT, il 60% lo manterrà invariato, il 30% lo aumenterà. Fra gli studi che prevedono un incremento, il 16% destinerà fino a un 20% di risorse in più, il 9% fino al 50% e il 5% le aumenterà di oltre il 50%.

Le tecnologie più diffuse sono la firma elettronica, utilizzata dal 98% degli studi legali e multidiscilinari e dal 96% di commercialisti e consulenti del lavoro, e la firma digitale remota (78% degli avvocati, 90% dei commercialisti, 79% dei consulenti del lavoro e 93% dei multidisciplinari). I professionisti con la maggior presenza online sono i legali: il 71% che ha un sito web, il 60% ha almeno un canale social, il 6% usa forum, blog o social network aziendali interni. Seguono gli studi multidisciplinari, fra i quali il 63% ha un sito web, il 57% una pagina social, nell’11% è presente un forum, un blog o un social network aziendale. Più limitata la presenza sul web di commercialisti e consulenti del lavoro, che hanno un sito web rispettivamente nel 54% e 41% dei casi, solo il 47% e il 46% hanno attivato un canale social media e appena il 5% e il 3% usano blog, forum e social network aziendali interni. Ancora marginale la diffusione di tecnologie di frontiera come l’intellligenza artificiale (impiegata dal 9% dei legali, dall’8% dei commercialisti, dal 10% dei consulenti del lavoro e dal 14% degli studi multidisciplinari) e della blockchain (presente solo nel 2% degli studi legali e multidisciplinari e nell’1% dei commercialisti).

Il Competitivity Index – L’Osservatorio ha ideato il Competitivity Index, un indicatore pensato per aiutare gli studi professionali e le relative organizzazioni associative a raffinare la strategia, a prendere le decisioni e a individuare più facilmente i punti di forza e di debolezza, adottando anche una comunicazione distintiva. Il Competitivity Index misura e analizza le performance degli studi negli ambiti Innovazione (uso del web marketing, variazione degli investimenti in tecnologie, impiego di piattaforme digitali per sviluppare la clientela e gestire la visibilità), Organizzazione (esistenza di smart working e knowledge management, impiego di strumenti di approfondimento della conoscenza, supporti tecnologici che impattano sul modello organizzativo), Mercato (numero e tipologia di clienti, iniziative per ricercare clientela, portafoglio servizi), Competenze (formazione effettuata e programmata per dipendenti e professionisti, capacità d’uso degli strumenti informatici, tipologia di competenze professionali) e Collaborazione (la capacità di stimolare collaborazione nello studio e con clienti, fornitori, altri studi, banche, PA etc).

Dall’analisi emergono quattro gruppi di studi in ordine di competitività. I “Fragili” sono gli studi più deboli, che necessitano di una strategia di cambiamento in tutte le cinque dimensioni di analisi; le competenze professionali sono elevate ma spesso eccessivamente focalizzate su aree di servizio standardizzate, mentre i modelli organizzativi e di business si limitano prevalentemente a un’economia di vicinato. I “Vulnerabili” sono gli studi che hanno raggiunto un buon livello di stabilità, ma sono ancora standardizzati in termini di servizi offerti, processi lavorativi e competenze interne. I “Resilienti” sono gli studi che di fronte alla difficoltà sanno reagire velocemente, dimostrando elevata capacità di adattamento e di garantire alla clientela trasparenza, efficacia e continuità dei servizi. Gli “Antifragili”, infine, sono gli studi con i modelli organizzativi e di business più evoluti, una cultura innovativa e la capacità di saper cavalcare le difficoltà trasformandole in opportunità.

Gli studi multidisciplinari sono mediamente i più maturi e competitivi in tutti i cluster individuati dalla ricerca, tranne che nel gruppo dei “Fragili” dove primeggiano i commercialisti, con i punteggi più elevati negli ambiti Organizzazione Competenze. Seguono i commercialisti e i consulenti del lavoro, che registrano le migliori performance nell’ambito Competenze. Gli avvocati nonostante esprimano casi di eccellenza, soprattutto fra gli studi più grandi e quelli piccoli molto specializzati su un settore, e un buon punteggio nell’ambito Innovazione, mediamente risultano i meno competitivi in tutti i cluster, tranne nel gruppo dei “Fragili” dove il fanalino di coda sono i consulenti del lavoro.

Il Premio Professionista Digitale – L’Osservatorio ha assegnato il “Premio Professionista Digitale” ai quattro studi che si sono distinti per capacità innovativa a livello organizzativo e di business attraverso le tecnologie digitali.

Nella categoria “Dottori Commercialisti ed esperti contabili” vince lo Studio Sciandra & Associati di Genova per il progetto “Leonardo – il Bot di Studio Sciandra”, un chatbot operativo sulle principali piattaforme di instant messaging che assiste i clienti per prenotazioni di appuntamenti, richieste di informazioni e scambi di documenti.

Nella categoria “Avvocati” ritira il premio lo studio La Scala Società tra Avvocati per Azioni di Milano, con una soluzione di Business Intelligence che permette di misurare le performance dello studio e interpretare i dati in modo più approfondito.

Nella categoria “Studi Multidisciplinari” ricevono il riconoscimento gli studi MLT Consulting Group – Studio Associato di Bari, per il progetto “Netprof”, una rete tra professionisti multidisciplinari per la condivisione della conoscenza e l’assegnazione delle richieste dei clienti tra gli associati, e lo studio Toffoletto De Luca Tamajo e Soci di Milano, per il progetto “FUTUHRO”, un software che integra le attività tipiche di due categorie professionali (Avvocati e Consulenti del Lavoro) e sfrutta strumenti di condivisione di dati e conoscenza per rendere le attività di consulenza più efficienti.

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