Temporary management e banche di comunità a sostegno delle PMI laziali

 Temporary management e banche di comunità a sostegno delle PMI laziali

Anche il primo appuntamento 2021 del road show ideale creato dai due gruppi interregionali dedicati alle PMI di AIDP e ANDAF, in collaborazione con IIM Institute of Management, ha evidenziato come il temporary management sia visto e utilizzato dalle PMI come strumento per acquisire competenze di gestione per sostenerne lo sviluppo e l’uscita dalla crisi. Per il mondo bancario significa un migliore rapporto con le PMI.

Il recente Rapporto MET – GLI ANNI DELLE CRISI: l’industria italiana 2008-2020 identifica i due principali vincoli alla crescita e ai processi oggi in atto nel capitale umano e in quello finanziario.

Partendo dalla relazione triangolare tra imprenditoria, banche e temporary management (di seguito TM), Maurizio Quarta (Temporary Management & Capital Advisors) ha indicato le “le competenze manageriali quali elemento baricentrico del triangolo, con la prerogativa di poter influire su entrambi i vincoli, sia in situazioni di ripresa, crescita e sviluppo, sia in situazioni di pre-crisi e di crisi vera e propria. In questa duplice ottica il TM si rivela strumento ottimale per portare rapidamente nelle PMI competenze di alto livello e immediatamente operative, in più capaci di operare in contesti straordinari. Strumento che, nella sua accezione part time/fractional è accessibile anche a realtà molto piccole (<5 milioni), quali buona parte delle aziende laziali”.

Per quanto riguarda il lato finanziario il Lazio mostra dati preoccupanti:

  • 42% delle imprese con rating a rischio (fonte STM)
  • “maglia nera” per il ricorso a finanziamenti «illeciti» (Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità Regione Lazio)”.

Il mondo imprenditoriale ripone molte aspettative nel TM.

Secondo Carmen Conte (Federlazio-Formare) “in un contesto economico post pandemico le imprese si troveranno a fronteggiare tra le altre, un processo di cambiamento organizzativo, economico e sociale e a dover preparare la struttura aziendale verso nuovi scenari. Proprio per questa ragione, il fattore tempo e risorse disponibili, il TM giocherà un ruolo chiave. In tale contesto le PMI in particolare avranno necessità di essere supportate nella sperimentazione di progetti complessi, che possono comprendere diverse aree aziendali.

Da due diverse indagini di Federlazio su un panel di oltre 100 PMI:

  • la figura del TM è conosciuta dalla maggioranza degli intervistati, che ne riconoscono il potenziale strategico
  • emerge un certo “scetticismo” e una certa resistenza legato soprattutto a costi, fiducia e impatto sulla realtà organizzativa.
  • determinanti le soft skills… ma anche il saper trasferire il proprio know-how all’interno dell’organizzazione, dotandosi di una buona dose di flessibilità nell’approccio con realtà aziendali spesso di tipo familiare.

Quanto al principale ostacolo legato ai “costi” del TM è auspicabile che tale figura sia riconosciuta come elemento di innovazione anche nei finanziamenti pubblici di progetti strategici complessi.

Francesco Cacopardi (Confartigianato MI-MB, Centro Studi Istituto L. Gatti) pone il problema di “come il mercato dei capitali possa arrivare alle PMI e diventare attore di cambiamento. Riteniamo che le condizioni siano oggi le seguenti: ridare spazio al valore fiduciario del credito, rivalutando le persone; introdurre nuove competenze e nuovi competenti – cash manager – che affianchino l’imprenditore su nuovi task, es. farsi pagare e gestire la finanza.

Sarà però possibile finanziare le risorse umane da impiegare nelle PMI?

C’è una storia di modelli in Italia, oggi elementi chiave di nuova finanza. Nel mondo delle nostre PMI il ruolo fondamentale e strategico per migliaia di esse è stato il sistema  Artigiancassa o il credito artigiano” o il credito Cooperativo” o ancora i Consorzi Fidi, la cosiddetta Banca del territorio. Lo sviluppo del nostro sistema economico – forte di manualità e lavoro, povero di capitale – giocherà su questa grande sfida il suo futuro.

Dalle banche di comunità una risposta alle istanze provenienti dalle imprese.

Sergio Gatti (Direttore Generale Federcasse) ha ripreso alcune conclusioni del citato Rapporto MET 2008-2020, che confermano come il successo delle imprese sul mercato, in termini di crescita di fatturato e occupazione, anche negli anni delle crisi, sia stato strettamente legato in maniera crescente – a partire dal 2011 – alla “triade del dinamismo”: Innovazione, Ricerca ed Esportazioni. Sono aumentate le imprese dinamiche con miglioramenti in produttività e competitività.

Nel suo intervento ha ribadito “come la banca di comunità attiri sempre di più le imprese maggiormente dinamiche andando a colmare spazi che le banche di maggiori dimensioni hanno difficoltà ad occupare. Le banche mutualistiche di comunità svolgono un ruolo complementare a quello delle banche di grandi dimensioni, capitalistiche, cross border e a proprietà mista (sia nazionale sia internazionale) con centri decisionali e spesso interessi “non prossimi” ai territori. La formula bancaria cooperativa e mutualistica consente altresì di non abbandonare a sé stesse le imprese intermedie e statiche (quelle cioè che adottano solamente uno o due dei driver della competitività).

Il ruolo delle BCC è andato evolvendosi negli anni proprio per muoversi parallelamente al dinamismo del sistema delle imprese: a partire dal 2015 si registra un sensibile cambio di passo con un aumento di presenza in quelle integrate che arriva fino a quasi il 30% nel 2019.

Questo successo si deve anche al rating umano, ricordato in un precedente evento da Amedeo Manzo, Presidente di BCC Napoli: “Dietro ogni impresa, piccola o grande, ci sono gli uomini e le donne. Non basta un algoritmo per farci dire di sì a una iniziativa imprenditoriale”.

Da ultimo, Luca Giustiniano (Direttore CLIO-Luiss Guido Carli) ha fornito un’interessante chiave interpretativa sui meccanismi di reazione delle imprese alla crisi pandemica.

A suo parere, “in tempi di crisi il concetto di resilienza viene evocato molto di frequente e spesso in contesti molto diversi tra loro … allo stesso tempo, a fronte della necessità di ripensare modelli di business e modus operandi si viene esortati all’agilità. Due inviti che però differiscono profondamente tra loro.

In ultima analisi “in una fase post-pandemica, le imprese dovranno quindi attrezzarsi per essere sia resilienti che agili. Ovvero dovranno essere capaci di adottare forme di lavoro che combinino quelle tradizionali con quelle svolte in virtuale, ad esempio.

Il necessario cambio di paradigma passa attraverso la ridefinizione del rapporto organizzazione-competenze individuali, che passa dal tradizionale impiego (employment) al più generale ‘coinvolgimento’ (involvement), dalle relazioni esclusive basate sulla ‘secrecy’ alla condivisione di conoscenze preziose (knowledge sharing) anche mediante la condivisione di professionalità condivise, dalla leadership intesa come fonte di soluzioni alla richiesta di formulare domande corrette rispetto alle soluzioni sviluppabili o addirittura già disponibili.

In questo contesto il TM consente, a mio avviso, alle organizzazioni di essere caleidoscopiche, ossia resilienti e agili allo stesso tempo. Consente di adottare prospettive nuove senza rinnegare la tradizione, di mobilitare risorse senza appesantire la struttura aziendale.

In questo periodo storico PMI e banche sono tra le organizzazioni maggiormente esposte a queste sfide. Le prime, infatti, sono da sempre eccellenti nel mobilitare le risorse a disposizione, inferiori a quelle dei colossi industriali, nella maniera più veloce e reattiva. Le seconde, di converso, possono trovare nel TM i fattori di facilitazione e agevolazione di turnaround organizzativi altrimenti difficilmente percorribili con forme di lavoro tradizionale”.

Per approfondimenti www.temporary-management.com 

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