Trasporti e magazzinaggio, nel 2020 denunce in frenata ma accelerano i decessi

 Trasporti e magazzinaggio, nel 2020 denunce in frenata ma accelerano i decessi

Nel 2020 le denunce di infortunio sul lavoro nel trasporto e magazzinaggio sono state 29.254, in netto calo rispetto al 2016, quando si contavano oltre 43mila casi (-32,1%), ma anche rispetto al 2019 (-25,8%). Nello stesso anno, però, i casi mortali sono stati 165, in aumento di una trentina di casi dal 2016 (+23,1%) e di una cinquantina dal 2019 (+41,0%). A fare il punto della situazione su questo settore molto variegato, che dà lavoro a circa 1,2 milioni di persone e comprende una serie di attività eterogenee – dal trasporto terrestre e mediante condotte, marittimo e per vie d’acqua, al trasporto aereo, sia di merci sia di passeggeri, e include anche i servizi postali e di corriere, il magazzinaggio delle merci e le attività di supporto, dalla gestione di strade, stazioni di autobus e parcheggi alla movimentazione delle merci – è il nuovo numero del periodico Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto.

L’effetto Covid sull’andamento infortunistico. I dati 2020 sono fortemente influenzati dalla pandemia da Covid-19, che per una parte dell’anno ha ridotto le attività a quelle essenziali e rallentato anche il trasporto di merci e passeggeri ma non i servizi postali e di corriere, che anzi sono aumentati per l’impossibilità di acquistare direttamente nei negozi e per la paura stessa del contagio, che ha spinto molti all’acquisto online. Le attività postali e di corriere, infatti, sono quelle che hanno subito la contrazione minore, inferiore al 10%, degli infortuni denunciati rispetto al 2019 ed è proprio in questo comparto che si contano circa due terzi dei contagi sul lavoro da SARS-CoV-2 rilevati complessivamente nel settore dei trasporti. Il virus ha inciso anche sull’incremento dei decessi, che registrano un aumento dell’incidenza nei servizi postali e nelle attività di corriere (25 vittime nel 2020 rispetto a una media di 7/8 nel quadriennio 2016-2019) e un calo nel solo comparto del magazzinaggio e nelle attività di supporto ai trasporti (-17,4%).

In un terzo delle morti coinvolto un mezzo di trasporto. La quota di infortuni in itinere, avvenuti cioè nel percorso di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro, rappresenta il 13% circa sia per il complesso delle denunce che per i casi mortali, mentre gli infortuni con coinvolgimento di un mezzo di trasporto, in occasione di lavoro e in itinere, costituiscono il 18% delle denunce e poco più di un terzo dei casi mortali. L’80% degli infortuni del settore sono denunciati dagli uomini, con i servizi postali e di corriere come unico comparto in cui la quota femminile (51%) supera quella maschile.

Le professioni più colpite. La categoria professionale più colpita è quella dei conducenti di veicoli, con il 34% delle denunce e ben il 64% dei casi mortali, seguita dal personale addetto allo spostamento e consegna di merci, con rispettivamente il 13% e l’8%. Gli impiegati addetti allo smistamento e recapito della posta sono al terzo posto per numero di denunce, con il 17%, mentre al terzo posto dei decessi figura il personale addetto alla segreteria e agli affari generali, con l’8% del totale. Disaggregando i dati, il postino/portalettere è il lavoratore che denuncia più infortuni in valore assoluto (12%), seguito da facchino e autotrasportatore (entrambi con il 6%), conducente di furgone e impiegato amministrativo (entrambi col 5%). A pagare il maggior contributo in termini di vite umane sono invece i conducenti di mezzi pesanti, come camionisti (14%), conducenti di autotreno (13%) e autotrasportatori di merce (10%).

La distribuzione territoriale. Quasi sei infortuni su 10 avvengono nel Nord (58,7%), il resto è ripartito tra Centro e Mezzogiorno. Prendendo in considerazione solo i decessi, però, aumenta la quota di casi nel Mezzogiorno, in particolare nel Sud, che dal 14,5% di denunce passa al 26,1% dei morti sul lavoro, e si riduce quella del Centro, dal 20,7% di denunce al 13,3% dei decessi. Le regioni che in valore assoluto registrano il maggior numero di infortuni sono la Lombardia (18,0%), l’Emilia Romagna (12,8%), il Veneto (10,9%) e il Lazio (9,3%). Con più di una vittima su quattro, la Lombardia è prima anche per i casi mortali, seguita da Campania (13,3%), Veneto (10,9%) e Piemonte (9,7%).

Con lo stop delle attività rallentano anche le malattie professionali. I dati dell’Inail confermano anche la pericolosità del settore dei trasporti in termini di malattie professionali, collocandolo al quarto posto per numero di patologie denunciate dopo il manifatturiero, le costruzioni e il commercio. Nel quinquennio 2016-2020, se si considerano solo i casi cui è stata assegnata la classificazione Ateco, i trasporti hanno registrato mediamente il 7,7% del totale delle malattie professionali protocollate dall’Istituto, passando dai 2.713 casi di inizio periodo (8,2%) ai 1.989 del 2020 (7,6%), anno in cui si è registrata una consistente diminuzione rispetto all’anno precedente (-26,0%) dovuta principalmente alla chiusura delle attività produttive.

Le dorsopatie al primo posto tra le patologie più diffuse. Le patologie che colpiscono più frequentemente i lavoratori del settore trasporti sembrano essere dovute principalmente alle attività tipicamente collegabili alla movimentazione di carichi, a sforzi prolungati, posture non corrette o incidenti stradali. Le dorsopatie, riconducibili ad affezioni a carico dell’apparato della colonna vertebrale, rappresentano infatti il 48,3% del totale riferito al 2020, seguite dai disturbi dei tessuti molli con il 26,8%, dai disturbi dei nervi con il 7,2% e dalle artropatie con il 4,7%. Altre malattie, pur incidendo per il rimanente 13,0%, non pesano in modo rilevante se considerate singolarmente.

L’estensione della copertura assicurativa ai ciclofattorini. Il nuovo numero di Dati Inail si sofferma anche sul fenomeno emergente dei cosiddetti “rider”, lavoratori che operano al servizio di piattaforme anche digitali di “food delivery”. In Italia, in anticipo su altri Paesi dove pure il fenomeno è diffuso e radicato, un’apposita normativa ha disciplinato le forme di tutela di questi lavoratori, tra cui il diritto alla copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, primo passo verso le tutele sociali che da tempo necessitavano di una rielaborazione e ricalibrazione per un’attività molto flessibile ma anche molto concentrata in alcuni orari della giornata, con ritmi estremamente sostenuti che possono generare nuovi specifici rischi per i lavoratori. Molto tuttavia resta da fare, soprattutto in termini di sensibilizzazione dei committenti che gesticono le piattaforme e degli stessi rider.

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