Tre verità con cui fare i conti

 Tre verità con cui fare i conti

Di che umore siamo oggi?

Ciò che facciamo è troppo importante per dipendere da come ci sentiamo oggi.

Le difficoltà economiche e di mercato del nostro business ci mettono in crisi. Il costo dell’energia e delle materie prime rischia di erodere i margini.

L’economia industriale ci propone un patto: segui i passaggi previsti, otterrete il risultato.

E noi ci concentriamo sul risultato.

All’improvviso il risultato non arriva, non è garantito. Le attività che ci vengono richieste non danno il risultato promesso. I risultati non sono scontati.

Ciascuno di noi ha una storia in testa su come dovrebbero andare le cose.

E quella storia orienta le azioni che intraprendiamo.

In realtà, se vuoi cambiare la storia che hai in testa, cambia le tue azioni.

Quando scegli di agire in un certo modo la tua mente rielabora per rendere quelle nuove azioni coerenti con una storia.

Tre verità con cui fare i conti, prima di tutto con te stesso, te stessa.

La prima: Non sempre le decisioni di business sono razionali

La seconda: Combatti la “sindrome dell’impostore”

La terza: Non devi avere l’umore giusto per fare qualcosa di importante

La prima: Non sempre le decisioni di business sono razionali

Un brillante esempio di irrazionalità di successo nelle decisioni di business.

Reed Hastings, ingegnere informatico laureato a Stanford, si irritò tanto di dover pagare una penale di 40 dollari per aver restituito in ritardo il film Apollo 13 che decise di realizzare lui stesso una piattaforma di distribuzione di DVD, VHS e videogiochi. Bastava collegarsi al sito Internet, scegliere il film tra quelli disponibili ed attendere l’arrivo via posta del prodotto. Il tutto per circa 6 dollari, comprese le spese di spedizione.

Il business però stenta a decollare.

Così Hastings decide di passare ad una formula ad abbonamento mensile senza limiti. Potevi scegliere tre titoli, riceverli via posta, restituirli e riceverne altri, anche più volte nello stesso mese.

Con questa nuova formula l sua piattaforma esplode. Si tratta di Netflix.

Nel 2005 Netflix spediva un milione di DVD al giorno. Nel 2009 aveva un catalogo di ormai 100.000 titoli solo su DVD, e più di 10 milioni di abbonati.

Dopo aver spedito il miliardesimo DVD negli Stati Uniti, nel febbraio 2007 Hastings decide di dare una svolta: al noleggio di film affianca una piattaforma per lo streaming video, con la stessa formula. Con un abbonamento mensile puoi guardare online sul sito di Netflix tutti i film e le serie tv senza alcun limite. Ed è una rivoluzione.

Nel 2000 Netflix si offre per 50 milioni di dollari al colosso del settore Blockbuster, che rifiuta.

Nel marzo del 2011 decide di tentare la via della produzione originale di film per il grande schermo e la televisione. Lo fa con House of Cards, serie tv basata sulla trilogia dello scrittore Michael Dobbs, che racconta il dietro le quinte della politica.

Oggi Netflix conta circa 200 milioni di abbonati.

Blockbuster è fallita.

La seconda: Combatti la “sindrome dell’impostore”

Una recente ricerca stima che il 40% delle persone che ha un’attività, un lavoro che richiede innovazione, interazione umana e l’assunzione di decisioni pensa di essere, almeno all’inizio della sua esperienza, un impostore. È la sensazione di non essere all’altezza del nuovo ruolo.

È anche prova di serietà, perché vuol dire che stiamo facendo un mestiere importante. E non basta essere semplicemente più sicuri di sé.

Spesso la sindrome dell’impostore nasce dal fatto che non abbiamo il controllo sul risultato.

E questo è destabilizzante. Perché viviamo in una cultura focalizzata sul risultato: un idraulico ha una buona reputazione non per gli sforzi che fa, ma solo se il rubinetto smette di perdere.

Un risultato emerge sempre da un processo. Realizzare è un modo per sfuggire alla paura di essere inadeguati.

Buoni processi ripetuti nel tempo portano in genere buoni risultati. Ma non è scontato che sia così.

Quando è stata l’ultima volta, che hai fatto qualcosa per la prima volta?

Il cambiamento non dà comfort. il cambiamento richiede tensione.

Quando impariamo qualcosa di nuovo è un’esperienza che richiede tensione e disagio, in noi e negli altri, perché produce una sensazione di incompetenza.

Parliamo di decisioni.

C’è una enorme differenza fra una buona decisione e un buon risultato.

Se da Milano devi andare a Palermo, la decisione migliore è prendere un aereo, non andarci in auto.

Può capitare che ci sia un incidente aereo, e che qualcuno muoia. Ma quella persona non ha preso una cattiva decisione quando ha scelto di volare, anche se c’è stato uno sgradevole risultato:))

Le decisioni possono essere buone, anche se i risultati non lo sono.

Quindi l’unica scelta che abbiamo è cominciare. Agire.

Siamo stati indotti a credere che fare lo scrittore o essere un leader siano talenti naturali.

Non è così.

Se vuoi essere uno scrittore, una scrittrice comincia a scrivere.

Se vuoi essere un leader, una leader comincia ad assumere un ruolo di guida.

La terza: Non devi essere dell’umore giusto per fare qualcosa di importante

«Fa ciò che ami» va bene per i dilettanti o per gli artisti.

«Ama ciò che fai» è quello che regge gli uomini e le donne di business.

Il lavoro non è un hobby. Aspettare di avere la sensazione giusta è un lusso per cui non abbiamo tempo.

La maggior parte di noi cerca di fare la differenza. Di essere visti e rispettati.

La nostra leadership non è un evento specifico, quando ci gira bene.

È quello che riusciamo a realizzare indipendentemente dal fatto che siamo dell’umore giusto oppure no.

E d’altra parte impegnarci in un’azione può cambiare il modo in cui ci sentiamo. Diventiamo ciò che facciamo.

La fiducia non è sicurezza di sé. La fiducia è impegnarsi nella pratica quotidiana, anche se vorremmo fare altro.

Decidere di essere leader, assumere un ruolo guida e fare accadere il cambiamento, indipendentemente dagli ostacoli durante il percorso, perché sappiamo che impegnarci nella pratica quotidiana è indispensabile.

Il mondo non è perfetto.

Le condizioni nelle quali ci troviamo non sono ideali.

L’economia è saltata per aria, abbiamo ancora una grave pandemia sanitaria e le nostre certezze sono scosse.

Qualcuno ci critica in modo ingiustificato, cattivo, veniamo rifiutati. Il nostro umore vacilla.

C’è un modo per evitare le critiche: sembrare come tutti gli altri.

Il filosofo Aristotele diceva: «l’unico modo per evitare le critiche è non fare nulla, non dire nulla, non essere nulla».

Il mondo cospira per frenarci. Ma solo se glielo permettiamo.

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