Una nuova fonte di finanziamento per le pmi: il crowdfunding

 Una nuova fonte di finanziamento per le pmi: il crowdfunding

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[dropcap]U[/dropcap]no dei problemi più importanti degli ultimi anni per le pmi italiane è rappresentato dal progressivo inaridirsi delle risorse economiche a disposizione: si tratta di una realtà che molti imprenditori italiani conoscono molto bene e sulla quale già molto si è detto e scritto.

Diverse sono le cause di questo fenomeno assai preoccupante: una tra le più importanti è da ricercare nel cosiddetto “credit crunch”, vale a dire nella significativa diminuzione di prestiti bancari alle imprese che si è aggravata nel corso degli ultimi anni e che sta contribuendo ad erodere il tessuto imprenditoriale italiano.

In Italia il credit crunch, a sua volta, ha avuto effetti più gravi che in altri paesi europei e negli USA soprattutto in considerazione di alcune particolari caratteristiche del sistema economico: non solo l’assoluta prevalenza tra le nostre imprese delle pmi ma anche nella particolare struttura del nostro sistema creditizio imprenditoriale che, come è stato più volte notato, risulta essere “bancocentrico”. Tradizionalmente, infatti, allorquando le nostre imprese hanno avuto bisogno di investimenti si sono quasi sempre rivolte agli istituti bancari e questa abitudine ha ostacolato la ricerca di fonti alternative di finanziamento, con il risultato che quando la “sorgente” abituale si è prosciugata, in molti non hanno saputo dove abbeverarsi.

Queste, in estrema sintesi, le ragioni che hanno portato gli imprenditori a ricercare nuove fonti di finanziamento e il legislatore più accorto a percepire questa esigenza e a cercare da darvi adeguata risposta.

In tal senso, uno degli strumenti di cui si parla di più negli ultimi mesi è senza dubbio il crowdfunding, ovvero quella particolare forma di raccolta di risorse in cui più persone conferiscono determinate somme di denaro, anche di entità non elevata, per finanziare un progetto imprenditoriale, o anche sociale o culturale, rispondendo ad una richiesta pubblicata su Internet, il più delle volte attraverso siti specializzati.

Si parla di “equity based crowdfunding” quando tramite l’investimento on-line si acquista una vera e propria partecipazione ad una società: in tal caso, a seguito del conferimento si riceveranno i diritti patrimoniali ed amministrativi tipici della partecipazione all’impresa.

Vi sono però anche altri modelli di crowdfunding: quello “reward based” prevede, ad esempio, che la ricompensa per il finanziamento sia costituita da un premio non in denaro: molto diffuso nella attività culturali, questo sembra essere il modello ad oggi maggiormente affermato di crowdfunding.

Un altro modello che sta conoscendo una certa diffusione è il “royalty based”, nel quale si finanzia una certa iniziativa imprenditoriale ricevendo in cambio non una vera e propria partecipazione ma una parte dei profitti creati dall’attività sociale.

L’Italia è uno dei pochi paesi europei ad aver promosso una disciplina specifica in tema di equity crowdfunding, espressamente dedicata ad un tipo particolare di pmi, vale a dire alle cosiddette start up innovative. Disciplinate dall’art. 25 del Decreto – Legge n. 179/2012, convertito, con modificazioni, con legge n. 221/2012, le start up innovative si caratterizzano per essere società ad alto contenuto tecnologico. Le start up innovative sono società di capitali, costituite anche in forma cooperativa, di diritto italiano, oppure costituite anche in forma di società europea, residenti in Italia ai sensi dell’art. 73 del D.P.R. n. 917/1986 (Testo unico delle imposte sui redditi), le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate sul mercato (cfr. comma 2, art. 25 cit.). Le start up innovative devono poi soddisfare anche altri requisiti, riportati sempre agli artt. 25 e ss. del D.L. n. 179/2012, che ha altresì delegato alla Consob il compito di disciplinare alcuni specifici aspetti dell’equity crowdfunding dedicato alle  start up innovative, compito che la Consob ha assolto con il regolamento 26 giugno 2013.

Oltre a ciò, appare utile ricordare come, accanto al crowdfunding, si vadano diffondendo sempre più altri strumenti di finanziamento di seguito riepilogati in estrema sintesi:

  • i prestiti diretti tra privati veicolati anche questi tramite internet e quindi resi più accessibili anche alle pmi proprio in forza della particolare pervasività del Web (cosiddetto peer-to-peer lending);
  • i minibond, vale a dire veri e propri strumenti obbligazionari emessi dalle pmi;
  • infine, i fondi che comprano minibond, cosiddetti “credit fund”.

Studio Legale e Tributario Garaffa & Manenti
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