Up & Down: come cambia il rischio delle imprese

 Up & Down: come cambia il rischio delle imprese

rischio-2

[dropcap]L[/dropcap]e valutazioni relative al rischio di credito di un consistente insieme di società indicano che il percorso di uscita dalla crisi sta procedendo a due velocità: migliorano le condizioni di PMI e grandi imprese mentre continua a deteriorarsi la situazione delle microimprese, con un ampliamento dei divari già esistenti tra settori e aree geografiche più o meno rischiosi. È questa la fotografia scattata su un ampio campione di società (527 mila), per cui si è utilizzato l’impianto statistico del Cerved Group Score (o CGS). Il CGS, la valutazione sintetica del rischio di credito di Cerved basata su un’ampia gamma di informazioni sull’impresa e sul mercato in cui opera (v. box), è un termometro puntuale del rischio di insolvenza delle società italiane, frequentemente utilizzato da banche e imprese quando devono decidere se concedere un finanziamento o un credito di natura commerciale alle proprie controparti. I dati indicano che tra aprile 2015 e aprile 2014, sono più le società che hanno peggiorato di almeno una classe il proprio profilo di rischio (156 mila downgrade) rispetto a quelle che lo hanno migliorato (134 mila upgrade). La serie storica indica che questo deterioramento è in atto dal 2012, ma la forbice negativa tra upgrade e downgrade si sta riducendo. A peggiorare il proprio profilo di rischio sono le microimprese, mentre tra le PMI e le grandi società il bilancio è positivo, con un numero di upgrade che – dopo tre anni – ha superato quello di downgrade. In particolare, si contano 41 mila PMI con un miglioramento del proprio CGS a fronte di 39 mila PMI con un peggioramento.

I movimenti in atto hanno peggiorato il profilo di rischio delle microimprese e hanno reso più polarizzata verso le code la distribuzione per Cerved Group Score delle PMI e delle grandi aziende, con una maggiore presenza di società sia nelle classi più sicure sia nelle classi più rischiose. Complessivamente, ad aprile 2015 sono 61 mila le società in area di ‘sicurezza’ (di queste, 30 mila sono PMI), esposte per 203 miliardi verso il sistema finanziario e 90 mila le società in area di ‘rischio’ (21 mila PMI) con 177 miliardi di debiti. In base alle probabilità di insolvenza dei modelli del CGS, si stima un volume di default1 pari a 29 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 26,8 miliardi dell’anno precedente. L’aumento è attribuibile all’incremento stimato per le grandi aziende (da 5,1 a 8,2 miliardi), spiegato dal maggior volume di debiti finanziari in capo a imprese classificate in area di rischio. Viceversa il volume dei default attesi si riduce per PMI e microimprese – rispettivamente, da 13,5 a 13,2 miliardi e da 8,1 a 7,6 miliardi di euro –, a causa del minor volume di debiti finanziari concessi.

I dati per settore indicano dinamiche differenziate, con un miglioramento limitato ai comparti caratterizzati da distribuzioni migliori: tra aprile 2014 e aprile 2015 il numero di upgrade supera quello di downgrade solo nell’industria e nell’energia e nelle utility. La presenza di imprese in area di ‘sicurezza’, varia in modo significativo tra i settori, dal 18% della manifattura a solo il 3% nelle costruzioni. Le differenze sono ancora più marcate se si considera la distribuzione dei debiti finanziari per classe di rischio delle società che li hanno in bilancio: nell’edilizia, ogni 100 euro di debiti, 42 sono in capo a società ‘rischiose’ e 42 a società ‘vulnerabili’; le percentuali sono dell’8,5% e del 10,5% nell’energia e nell’utility, il comparto con la distribuzione migliore.

Tra aprile 2014 e aprile 2015 il numero di downgrade ha superato quello di upgrade in tutta la Penisola, ma nel Nord il bilancio è positivo se si restringe il campo di osservazione alle PMI. I dati evidenziano forti differenze territoriali: la presenza di società in area di rischio varia da percentuali al di sotto del 14% in Valle d’Aosta, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Lombardia al 30% della Calabria e al 25% del Molise. Il maggior rischio del Mezzogiorno è ancor più evidente se si osserva la distribuzione dei debiti finanziari per area di rischio: su 100 euro di debiti contratti da società meridionali, 29 euro sono a rischio e 36 sono ‘vulnerabili’; nel Nord Ovest, le rispettive percentuali sono del 14,1% e del 26,6%.

Guarda l’infografica

1. Il concetto di default a cui si fa qui riferimento include fallimenti, procedure concorsuali (compresi gli accordi di ristrutturazione del debito ex. articolo 182 LF), oltre a protesti e pregiudizievoli rilevanti. È assimilabile ad un default bancario che comprende sofferenze ed incagli, e quindi più ristretto rispetto alla definizione di esposizioni deteriorate di Banca d’Italia, che comprende anche i past due a 90 giorni.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.