La conclusione del primo semestre rappresenta per ogni azienda il momento ideale per fermarsi, analizzare i risultati raggiunti e rilanciare le proprie strategie con energie nuove. Naturalmente queste considerazioni valgono anche per il welfare che, in uno scenario lavorativo in continua evoluzione, si conferma una leva per la competitività d’impresa e il benessere delle persone.
Oggi, secondo le ultime ricerche di mercato realizzate da Pluxee Italia, partner leader nel settore dei benefit aziendali e dell’engagement dei dipendenti, il 74% di chi è alla ricerca di lavoro presta attenzione ai benefit offerti dall’azienda e addirittura un 44% si dichiara potenzialmente poco attratto da offerte lavorative che non includono informazioni sui benefit.
Proprio per questo, secondo l’azienda, una buona gestione dei benefit aziendali non è solo un esercizio amministrativo, ma un investimento strategico che incide sul benessere dei dipendenti, sull’employer branding e sulla retention. Per supportare le aziende, Pluxee ha quindi individuato i 5 errori da evitare nella gestione dei benefit aziendali, incoraggiando le imprese a utilizzare i mesi estivi per un check-up del proprio piano di welfare e per rilanciare iniziative mirate in vista del secondo semestre.
1. Valutare il welfare solo come una “voce di costo”
Secondo il terzo rapporto su “Il welfare aziendale: diffusione e prospettive nelle PMI” realizzato da Pluxee in collaborazione con Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, sussistono tra le imprese diversi timori ad attivare piani di welfare: principalmente sono legati alla paura che il welfare possa diventare un costo fisso (lo indica il 50% dei consulenti), ma anche la complessità gestionale è quasi altrettanto temuta (45%). Eppure, per il 51% dei consulenti del lavoro intervistati, tra i fattori che hanno favorito la diffusione crescente del welfare tra il 2023 e il 2025 c’è proprio la maggiore conoscenza dello strumento. In altre parole: il vero ostacolo è la disinformazione e il primo passo è affidarsi a un partner esperto.
2. Limitarsi ai benefit più diffusi o semplici
Il welfare aziendale non si esaurisce in un solo strumento: oggi i dipendenti cercano soluzioni ad personam che spaziano da salute e mobilità fino al tempo libero e alla formazione. Di conseguenza, un welfare efficace deve essere non solo personalizzabile, garantendo una libertà di utilizzo che valorizza davvero il potere d’acquisto di ogni persona, ma dimostrarsi anche capace di impattare sulle aree che i lavoratori ritengono più importanti. Secondo le ricerche Pluxee, per esempio, il 58% dei lavoratori segnala che il benefit aziendale ideale dovrebbe dimostrarsi in grado di incidere positivamente sul bilancio familiare.
3. Non comunicare il valore dei benefit
Se i dipendenti non conoscono i benefit o non ne percepiscono il valore, il welfare aziendale perde gran parte della sua efficacia motivazionale. In particolare, in un contesto lavorativo presto votato alla piena trasparenza retributiva introdotta dalla Direttiva UE n. 2023/970, è fondamentale che le aziende diventino estremamente chiare nel comunicare non solo la RAL, ma anche i benefit aziendali messi a servizio del dipendente, sin dall’assunzione.
4. Concentrarsi solo sull’offerta e non sull’esperienza
Un benefit aziendale non è soltanto ciò che viene offerto, ma come viene reso fruibile: semplicità, accessibilità e flessibilità sono elementi chiave per garantirne il reale valore. In quest’ottica, è fondamentale valutare se il proprio partner di welfare metta a disposizione soluzioni flessibili, come ad esempio i buoni acquisto, e verificarne attentamente le caratteristiche. Il formato digitale, un’ampia rete di punti vendita e una user experience intuitiva sono requisiti essenziali per offrire ai dipendenti un servizio utile e apprezzato. Allo stesso modo, la presenza di un’app dedicata ai buoni pasto, che consenta di gestire facilmente i buoni, verificarne il saldo e individuare gli esercenti aderenti, rappresenta oggi una priorità per garantire un’esperienza semplice e completa.
5. Non considerare le potenzialità del welfare in ambito ESG
Nel definire una strategia di welfare, le aziende non dovrebbero guardare solo ai benefici economici, ma anche all’impatto sociale e ambientale delle proprie scelte. Il proprio partner considera criteri ESG nella progettazione dei suoi prodotti come card e buoni in materiale riciclato fino alla possibilità di convertire i benefit in donazioni? Anche questa è una considerazione che non va messa in secondo piano.
“Le aziende che considerano il welfare solo come una voce di spesa perdono l’opportunità di costruire relazioni forti con i propri collaboratori. I dati ci mostrano che la soddisfazione professionale è direttamente collegata a scelte di welfare ben strutturate e comunicate”, commenta Anna Maria Mazzini, Marketing & Product Director di Pluxee Italia. “Per questo motivo, vogliamo aiutare le imprese non solo a implementare benefit efficaci, ma anche a gestirli strategicamente lungo tutto l’anno, adattandoli ai nuovi bisogni delle persone. Se ben implementati, i benefit aziendali possono rappresentare un supporto economico concreto per affrontare spese quotidiane, senza appesantire il costo del lavoro, ma al contrario, creando un ambiente più produttivo e sereno”.