Chi deve pensare al benessere dell’imprenditore? L’imprenditore

 Chi deve pensare al benessere dell’imprenditore? L’imprenditore

Recentemente diversi articoli sia in Italia sia all’estero trattano il tema del benessere e della salute psicologica sui luoghi di lavoro; finalmente questa tematica viene affrontata con uno spettro più ampio e si sposta la questione dall’essere “rotto” o “fragile” di qualche soggetto a una prospettiva più allargata che include l’ambiente nel quale le persone sono inserite; i casi di burn-out, termine coniato nel lontano 1976, ci sono sempre stati ma solo ora si inizia a comprendere che non si tratta solo di una questione del singolo ma molto spesso dell’intera organizzazione. Dall’intuizione alla messa in pratica di un profondo cambiamento culturale però manca ancora tanta strada da fare. Al netto però di questo lungo cammino da intraprendere, sicuramente l’attenzione che si sta ponendo alla questione è indubbiamente un segnale chiaro che il cambiamento è iniziato. Dall’altra parte, quello che mi colpisce è che nella trattazione della tematica nessuno parli del benessere psico-emotivo degli imprenditori che sono a capo di aziende e che ogni giorno gestiscono un carico emotivo enorme.

Quando è scoppiata l’emergenza Covid mi sono chiesta come l’avrei vissuta se fossi stata ancora dipendente: sicuramente con preoccupazione per il mantenimento dell’occupazione, ma probabilmente non avrei avuto notti insonni a pensare come proteggere le persone che sono in azienda con me, a come preservare i posti di lavoro e la loro salute. Questo solo come esempio di quanto la prospettiva dal lato imprenditoriale sia decisamente diversa, non migliore o peggiore ma sicuramente diversa.

L’imprenditore ha responsabilità immense sulle proprie spalle e tutti gli imprenditori che conosco mettono anima e corpo nelle loro aziende affinché queste possano portare ricchezza a chi ci lavora e alle loro famiglie. Questo non esclude l’esistenza di imprenditori avidi che hanno licenziato senza pietà, così come esistono manager senza scrupoli ma non per questo si deve evitare di tenere in considerazione il ruolo importante che tanti imprenditori hanno e il contributo che portano alla crescita del nostro Paese.

L’imprenditore non può dimettersi quando le cose vanno male, l’imprenditore sente le persone che lavorano nell’azienda come una sua responsabilità personale, l’imprenditore nell’azienda ci ha messo la sua reputazione, i suoi investimenti (oltre ai suoi sogni), l’imprenditore non viene licenziato ma fallisce, l’imprenditore in molti casi sta portando avanti una realtà che esiste da generazioni e che deve durare per altre generazioni, che spesso porta il suo cognome. L’equilibrio e la distinzione tra vita personale e vita lavorativa è un miraggio, perché quando l’azienda è tua, quella è la vita. Tutto questo rappresenta un carico emotivo enorme che se non viene gestito bene porta inevitabilmente a un burn-out.

Aver voluto fare l’imprenditore, avere un profitto (forse), dover pensare agli altri e far star bene gli altri con un grande carico di responsabilità da gestire non vuol dire che anche il burn-out faccio parte del suo ruolo.

Davvero tutto questo carico è inevitabile e dura contropartita del fare impresa? Oppure siamo ancora invischiati in un modello di leadership che prevede che chi è al comando sia un incrocio tra un super eroe che non soffre e un moderno Gandhi che deve solo pensare al benessere dei suoi?

Tante volte leggo indicazioni e consigli su come il leader si debba prendere cura del benessere emotivo del team, sacrosanto ma al leader, all’imprenditore chi pensa?

La realtà è che fino a quando il leader stesso non si permette di fermarsi, non si concede di essere umanamente imperfetto, di esprimere quello che prova, di essere semplicemente umano e quindi di prendersi cura del suo benessere psico-emotivo, il vero cambiamento culturale non avverrà mai, perché quello che permettiamo a noi stessi è quello che permettiamo agli altri. Siamo in un paese nel quale gli imprenditori sono cresciuti a pane e dovere, il primo che arriva e l’ultimo che va via e per tanti di loro, concedersi uno stacco è un lusso che non possono permettersi, perché devono tenere tutto in sicurezza e in molti casi, ci sono prima gli altri e poi loro. Di questo non si parla mai.

Permettiamo agli imprenditori di essere vulnerabili, fallibili, insicuri e spaventati ogni tanto; diamo loro un riconoscimento di quello che sopportano ogni giorno, la considerazione che meritano e la possibilità di condividere, elementi che sono, insieme al ritrovare la passione, i migliori antidoti al burn-out.

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